Bund robbery

"Iiiihhh che impressione" tratta da Zimbio

20 miliardi di €. Tanto è l’ammontare del risparmio tedesco sul rifinanziamento del proprio debito, grazie a questa crisi, dal 2009 ad oggi. In sostanza non ci sarà un interesse tedesco a risolvere la questione dei debiti sovrani europei, almeno fino a che, come sta già avvenendo, i mercati non inizino ad attaccare anche a loro.

Se vi chiedevate come mai nessun paese a rischio fallimento ha spaventato i tedeschi prima del peggioramento della crisi italiana questa è la risposta: a loro conveniva. Ovviamente un crollo dell’Italia comporterebbe un crollo per tutto la zona €uro, per questo siamo osservati molto da vicino.

Della Grecia, quindi, non ha mai fregato molto a nessuno, lo stesso anche per Spagna, Irlanda e Portogallo. Lungimiranza allo stato puro questi tedeschi tanto decantati. Sarà, ma forse scordiamo che anche loro sono molto lontani dal pareggio di bilancio, e che il loro debito è il più alto, in termini nominali, d’Europa.

Perciò diventare più tedeschi non è la risposta, ma trovare la propria strada senza divinizzare modelli altrui, e creandone uno proprio, ci permetterà di trovare la luce in fondo al tunnel.

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In che senso?

Non c'era bisogno di andare così nell'intimo

L’ulteriore dimostrazione che l’Italia si merita qualcosa di meglio. Qua potremmo arrivare ai livelli delle battute su Kakà quando fu acquistato dal Milan.

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Iran atomico

L'Onda Verde, occasione sfumata

La AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) ha rilasciato Martedì 8 Novembre un rapporto: il regime iraniano potrebbe creare un’arma atomica nel giro di tre mesi. Non si tratta di una bomba “sporca”, ovvero di un ordigno ordinario imbottito di materiale radioattivo, ma di una vera e propria testata nucleare. L’Iran è anche firmatario e ha ratificato il NPT (Non Proliferation Treaty), che impedisce la costruzione di armi nucleari e che pone le basi per lo smantellamento di quelle già esistenti, ma una violazione in tal senso dei trattati non comporta sanzioni automatiche, che se vogliono essere imposte devono comunque passare per il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

 

I funzionari dell’AIEA inviati sul territorio persiano pare abbiano ritrovato prove di esperimenti condotti in preparazione di un vero e proprio test atomico sotterraneo, come quelli condotti dal regime nord coreano, infatti Pyongyang e Teheran sono in stretto contatto da qualche tempo e si sono appoggiati a vicenda sia tecnicamente che politicamente in questi anni. Gli stessi inviati della AIEA hanno rinvenuto attrezzature e prove di test condotti a solo scopo militare negli stabilimenti iraniani, nonostante si ritiene che la maggior parte del programma nucleare sia tenuto segreto in basi sotterranee sparse nel sottosuolo. In sostanza è possibile trattare l’Iran già come una potenza atomica.

(Continua su iMille)

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SENZA SOLDI, SENZA FUTURO E… SENZA PETROLIO

Lavori in corso

Come tutti sappiamo la Grecia è in un mare di… guai.

Non può finanziarsi sui mercati, tradotto in parole povere nessuno è disposto a finanziarla comprando i suo titoli di stato e per questo sta ricevendo pacchetti di aiuti da miliardi di euro da parte del trio delle meraviglie Ue-Bce-Fmi.

Ovviamente i regali confezionati con affetto dal trio delle meraviglie non sono un gentile omaggio della casa e vengono concessi in cambio di “riforme strutturali”  che dovrebbero rimettere in “salute” il Paese e aiutarlo a riprendere la “via della crescita”.

Come ciliegina finale sulla torta adesso nessuno vuole più vendere il petrolio ai nostri cari amici greci.

I traders petroliferi dichiarano che le loro compagnie non possono fare affari con i greci perchè è troppo rischioso e  nessuna banca è disponibile a finanziare accordi con loro.

Ma nel momento del bisogno è arrivata una mano da chi meno te lo aspetti, ovvero l’Iran.

Peace&oil

Ovviamente la fortuna è cieca ma la sf..ortuna ci vede benissimo e a complicare la situazione, già di per sè tragica per i greci, ci hanno pensato gli ultimi eventi che hanno visto come protagonisti l’Iran, il nucleare e l’Aiea.

Dopo l’ultimo rapporto dell’Agenzia internazionale per energia atomica sul paese guidato da Ahmadinejad, la Commissione europea pare intenzionata ad inasprire le sanzioni contro il paese iraniano allargandole anche all’esportazione del greggio.

Se a questo aggiungiamo il fatto che Ue e USA stanno facendo pressioni affinchè la Grecia smetta di rifornirsi di petrolio presso gli unici che sono disposti a venderglielo, allora i greci devono prepararsi a restare non solo senza petrolio, ma anche al buio, al freddo e a piedi dato che ormai non hanno neanche i soldi per permettersi  una bicicletta.

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He’s definitely writing on that paper

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Questione d’affari

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Produrremo

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Uno stato

Il 18 Ottobre il sergente israeliano Gilad Shalit è stato liberato da Hamas dopo cinque anni di prigionia, in cambio saranno liberati 1027 detenuti palestinesi dalle carceri israeliane.

Shalit, catturato il 25 Giugno 2006, era entrato nell’ Idf  (Israel Defense Forces) a soli 18 anni, poco dopo essere stato arruolato, mentre si trovava di pattuglia con dei compagni sul confine fra Gaza ed Israele venne attaccato alle spalle da guerriglieri palestinesi, che avevano scavato un tunnel sotto la barriera costruita sul confine. Il bilancio fu di due soldati morti, tre feriti e la cattura del giovane sergente.

Tre giorni dopo l’attacco l’esercito israeliano tentò un’operazione di salvataggio, che finì molto male, infatti vennero uccisi cinque soldati israeliani e 277 palestinesi, senza arrivare alla liberazione di Shalit. Hamas chiese, in cambio dell’israeliano, la liberazione di tutte le donne e i minorenni detenuti dagli israeliani, Tel Aviv rifiutò la proposta.

Nel Luglio 2006 Hamas alzò la posta in gioco richiedendo la liberazione di 1000 detenuti palestinesi, ma le prime notizie su Shalit arrivarono solo nel Giugno 2007, quando venne inviata un’ audio-cassetta su cui il sergente aveva registrato una richiesta di scambio. Poi buio assoluto fino al 2009, infatti il prigioniero non fu mai visto nemmeno dalla Croce Rossa, quando, in cambio di 20 detenute palestinesi, fu rilasciato un video di Shalit.

E’ difficile dire con precisione quando sono cominciati i dialoghi veri con Hamas per il raggiungimento di un accordo, ma oggi sappiamo che un accordo c’è. Infatti la prima tranche di prigionieri palestinesi, 477, ha raggiunto Ramallah il giorno stesso della liberazione del soldato israeliano. L’ Egitto sarà garante dell’arrivo degli altri 550 palestinesi entro la metà di Dicembre, e possiamo essere sicuri che lo scambio avverrà senza troppi intoppi.

La sicurezza di questa affermazione deriva dal fatto che Netanyahu, grazie a questo accordo, risulta essere il doppio vincitore dello scambio. Potrebbe sembrare un cedimento del premier israeliano, e un passo ulteriore verso la pace arabo-israeliana, ma così non è.

Nel Gennaio 2006 Hamas vinse le elezioni a Gaza con il 44% dei voti, si erano presentati al voto come una forza riformatrice, che avrebbe abbattuto il wasta. Questa parola, che letteralmente significa connessioni, a Gaza ha il particolare significato di clientelismo, affare assai noto a noi italiani. Ovviamente il wasta  è continuato anche dopo l’elezione di Hamas, e oggi, grazie all’indice di povertà del 40% e alla disoccupazione imperante (50%), il gradimento del partito è sceso ai minimi storici (28%).

Gaza non si sente ben governata, anzi, con una popolazione di 1,6 milioni di abitanti che raddoppierà nei prossimi 20 anni, e con la densità più alta del mondo, rischia di diventare una bomba ad orologeria. Perciò chi meglio di Hamas, che può contare su guerriglieri armati e addestrati, può gestire eventuali disordini e tumulti a Gaza? Nessuno, infatti l’intrafada, ovvero i disordini fra i palestinesi stessi, fa più morti degli scontri arabo-israeliani.

Nella West Bank, invece, Abbas stava aumentando la propria popolarità soprattutto grazie alla richiesta, poi naufragata, del riconoscimento di uno stato palestinese all’Onu. Con i riflettori puntati su di sè, con un progetto concreto per arrivare alla two-state solution e con Hamas che perdeva terreno e potere a Gaza, Israele si sentiva come intrappolato in gabbia.

Come si potrebbe fare per ribaltare la situazione a proprio favore? Semplice, uno scambio di prigionieri. Infatti quasi tutti i detenuti rilasciati da Israele sono di Gaza, il timing è quantomeno sospetto, considerando che a breve si terranno le nuove elezioni nella striscia, sempre che Hamas lo voglia. Così facendo Netanyahu ha guadagnato consensi in patria, regalandosi uno spazio di manovra più ampio, molto probabilmente ha salvato Hamas, e come è facile intuire non può esistere una Palestina senza Gaza che rappresenterebbe l’unico sbocco sul mare per lo stato palestinese, e ha sgonfiato Abbas, rendendolo più debole agli occhi della comunità internazionale.

Blair sta pressando israeliani e palestinesi affinchè si mettano attorno ad un tavolo e ricomincino i dialoghi per il raggiungimento della two-state solution. Ma in questo momento il governo israeliano ha ordinato la costruzione di 2610 appartamenti a Givat Hamatos, nella parte sud-est di Gerusalemme, ovvero la parte più palestinese della città, sigillando così il suo confine a sud con il resto della Palestina. La cecità dell’ex premier inglese, vera o simulata, riguardo a questa decisione è semplicemente allucinante.

Tagliare fuori Gerusalemme dallo stato palestinese ha lo stesso risultato di separare la striscia di Gaza dalla West Bank: niente stato palestinese. Perciò è lampante che l’obiettivo di Netanyahu è quello classico della one-state solution, e sempre più spesso si possono trovare commenti e analisi su come poter far funzionare il meglio possibile questa soluzione, come se fosse già predeterminato che Israele ingloberà al suo interno i territori palestinesi. Di certo il lavoro del premier israeliano sarà sempre più facile d’ora innanzi ed effettivamente la possibilità di creare uno stato palestinese autonomo è sempre più lontana.

Sarebbe necessario prendere di petto la questione e obbligare gli israeliani a scendere a compromessi, ma come sarebbe possibile farlo senza l’uso della forza? Anche questa risposta è molto semplice, infatti le esportazioni israeliani sono per il 65% dirette verso Europa e Stati Uniti, un blocco economico, che come è ben noto non costituisce uso della forza per le Nazioni Unite, costringerebbe Netanyahu a confrontarsi con la realtà e a dover accettare qualche compromesso con i propri vicini. Questo bisognerebbe farlo prima che Israele abbia la possibilità di differenziare il proprio commercio estero, considerando che già oggi la quota di esportazioni verso i nostri mercati è calata di un 40% rispetto ai livelli di 10 anni fa.

Se nessuno deciderà di prendere in mano la situazione il risultato scontato sarà quello di uno stato israeliano sempre più grande, e ciò minerebbe alle fondamenta la sicurezza della regione, poichè Iran e Turchia non vorranno sicuramente rimanere a guardare mentre Israele ingloba la Palestina.

Divide et impera si diceva una volta, dividi e domina si dice oggi, ma il risultato è sempre lo stesso e Netanyahu lo sa fin troppo bene.

(Pubblicato su iMille)

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Rubik non stanca mai

Questo sì che sarebbe un bell’hobby da coltivare

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Toon bobble

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